Tanto vale la Celebrazione della
Santa Messa, quanto vale la
Morte di Gesù in Croce.
(San Tommaso d’Aquino)
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Il sorgere dell’astro d'Aquino
San Tommaso nacque nel 1225 circa a Roccasecca, dal
ramo cadetto dei d'Aquino. Il padre, Landolfo, fu uomo d'arme fin dalla
gioventù e condottiero di milizie, ma mostrò anche attitudini per la cultura e
capacità di governo, quale giustiziere di Terra di Lavoro, e fu uomo retto e
religioso.
La madre, Teodora, era anch'essa di nobile famiglia e
dotata di grandi virtù familiari, ma non era esente da una concezione piuttosto
dispotica dell'autorità materna.
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Medaglia in bronzo dedicata a San Tommaso
d'Aquino (collezione
Francesco di Rauso, Caserta) clicca sull'immagine per
ingrandire
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L'ambiente familiare si distingueva per la sincera
pratica della religione, pur tra le asprezze della vita feudale, ed esercitò un
influsso notevole sulla formazione del carattere di Tommaso, che conservò
sempre per i suoi congiunti un tenero affetto, nonostante la breve, dolorosa
parentesi dell'opposizione alla sua vocazione religiosa.
L'educazione presso i Benedettini
All'età di cinque anni Tommaso fu condotto al Cenobio
di Montecassino,
che brillava come un faro di luce per la pietà e la cultura dei suoi monaci,
presso la tomba di San Benedetto, il Patriarca del Monachesimo occidentale.
Il piccolo Tommaso era offerto a Dio dai genitori,
spinti dal desiderio di avere un figlio consacrato al Signore, anche se non
mancava un po' di orgoglio feudale, che faceva presagire nel fanciullo il
futuro capo della potente abbazia.
Ma c'era nel gesto anche un motivo politico, perché,
nel 1229, la rocca di Montecassino, considerata un baluardo della potenza
papale, era stata assalita e sconvolta dalle milizie di Federico II, con
l'appoggio dei d'Aquino. Quando, nel luglio del 1230, a San Germano, fu
segnata la pace fra l'Imperatore e il Papa, i d'Aquino, offrendo il loro
figlioletto all'abbazia, vollero dare una garanzia dei loro nuovi sentimenti di
pace e di amicizia.
Tommaso trascorse a Montecassino circa nove anni, fino
al 1239, quando Federico II riprese la lotta contro il Papa e l'abbazia fu di
nuovo sotto la minaccia delle armi imperiali, per cui i d'Aquino posero al
sicuro il figlio, richiamandolo in famiglia per poi inviarlo a Napoli, a
continuare gli studi presso l'Università .
L'educazione benedettina, semplice ed aristocratica,
familiare ed austera, lasciò un solco indelebile nella personalità di Tommaso,
temprandolo al silenzio contemplativo, all'amore per lo studio, all'attivo
dominio di sé, alla pietà affettiva, al gusto per la liturgia, che si
manifesterà soprattutto quando comporrà l'ufficio e gl'inni mirabili per la
festa del «Corpus Domini».
E' storicamente accertato l'episodio di Tommaso
fanciullo che, passeggiando meditabondo sotto gli austeri chiostri o spaziando
lo sguardo verso i cieli sconfinati e i lontani orizzonti, chiedeva
insistentemente ai suoi maestri: «Ditemi chi è Dio? »
Erano i primi sprazzi del suo genio indagatore.
La giovinezza all’Università di Napoli
Dal mistico raccoglimento monastico, dopo alcuni mesi
trascorsi nel caldo clima della famiglia, l'adolescente Tommaso si trasferiva
nella vita libera e movimentata dell' Ateneo napoletano.
Il brusco passaggio a condizioni ambientali così
diverse dalle precedenti avrebbe potuto provocare in lui una crisi fatale; ma
la sua forte struttura morale, ancorata a salde convinzioni e sempre pronta ad
attingere energie soprannaturali dalla preghiera e dalla vita sacramentale, lo
preservò dalle cadute, ed egli continuò, nello studio e nella meditazione,
l'appassionata ricerca della verità , iniziata all'ombra del cenobio
benedettino. L'università di Napoli era famosa in tutta l'Europa, perché
Federico II vi aveva chiamato insigni docenti e aveva assicurato agli studenti
agiate condizioni di vita, perché potessero dedicarsi con profitto agli studi.
San Tommaso vi frequentò la
Facoltà delle Arti che comprendeva il trivio e il quadrivio.
Il trivio corrispondeva, in qualche modo, ai corsi di cultura umanistica e
filosofica, mentre il quadrivio si estendeva allo studio delle scienze
naturali.
Uno dei maestri di Tommaso fu Pietro d'Ibernia,
chiamato da Pier delle Vigne, in nome di Federico II, a ricoprire la carica di
titolare del quadrivio. Era un profondo conoscitore di Aristotele, su cui
scrisse importanti commenti e tenne dotte dispute, fra cui rimase celebre
quella tenuta alla presenza del re Manfredi. Il giovane Tommaso veniva così a
contatto con le opere del sommo filosofo greco, che un giorno avrebbe
sapientemente utilizzato nel magistero e negli scritti.
Una prova del profitto con cui Tommaso si dedicò agli
studi è data dal fatto che egli fu scelto dai maestri a fare da ripetitore,
ossia da assistente di cattedra. La vasta cultura, e la chiarezza
dell'esposizione e la modestia del tratto gli conquistarono la stima e
l'affetto dei colleghi studenti, i quali provarono un vivo rimpianto
nell'apprendere che Tommaso lasciava l'ambiente universitario, per consacrarsi
alla vita religiosa.
La vocazione
Verso la fine del 1243 il giovane studente diciottenne
decise di entrare nell'Ordine dei Frati Predicatori, che si era ormai diffuso
nelle principali città dell'Europa, col compito principale di difendere e
diffondere le verità della Fede, soprattutto con l'insegnamento e la
predicazione.
A Napoli i Domenicani avevano aperto un convento fin
dal 1231, con una scuola di Teologia, ed esercitavano un apostolato attivissimo
fra la gioventù studentesca.
Tommaso scelse come guida spirituale fra Giovanni di
San Giuliano e si sentì fortemente attratto dall'ideale domenicano. La sua
scelta non era nata da un effimero entusiasmo, ma era la conseguenza di una
decisione consapevolmente maturata nella meditazione e nella generosa risposta
all'invito della Grazia. Il motto programmatico dei Domenicani: «contemplata
aliis tradere» gli si presentò pienamente congeniale e decise di consacrare
tutta la sua vita alla contemplazione e alla irradiazione della verità .
Ma la sua vocazione fu violentemente contrastata dalla
famiglia, che, nella decisione presa dal giovane senza il consenso dei
genitori, vedeva una ribellione all'inflessibile disciplina familiare e
soprattutto vedeva svanire tutti i sogni di grandezza terrena, vagheggiati per
il futuro del figlio. La madre stessa, pur dotata di forti virtù domestiche,
ordinò ai figli Rainaldo e Landolfo, accampati ad Acquapendente con le milizie
di Federico II, di catturare il fuggitivo in rotta per Bologna. Raggiuntolo a
Bolsena lo rinchiusero nel castello di Roccasecca, dove, all’insaputa della
madre, ordirono un ignobile attentato alla virtù di Tommaso, ma l’intrepido
giovane fugò l’ignobile tentatrice con un tizzone ardente. Intanto
giunsero al castello le sorelle per cercare di piegare con la tenerezza
dell’affetto quell’indomita volontà . Ma né la prigionia nelle fortezze di Monte
San Giovanni e di Roccasecca, né l'ignobile attentato tramato dai fratelli, né
le lacrime delle sorelle poterono smuovere quell’eroica fermezza. Liberato
dalla prigionia, dopo un breve periodo trascorso nel convento di San Domenico a
Napoli e poi in quello di Santa Sabina a Roma, Tommaso fu inviato fuori
d'Italia e affidato al più celebre maestro di quel tempo, frate Alberto di
Colonia, che passerà alla storia col nome di Sant'Alberto Magno.
Il periodo presso Sant’Alberto
Prima a Parigi, poi a Colonia, Tommaso seguì le
lezioni di Alberto Magno.
Chiuso nella sua modestia, il giovane domenicano
italiano sembrò ai condiscepoli impacciato e tardo d’ingegno, per cui, con una
punta d'ironia, gli affibbiarono il nomignolo di «bue muto». Ma vennero presto
le occasioni a svelare l'acume del suo intelletto.
Un condiscepolo si era offerto a fargli da ripetitore,
ma dovette presto accorgersi che l’allievo, con tutta semplicità , invertiva le
parti e dava all'incauto, improvvisato maestro spiegazioni così lucide e
profonde da costringerlo a riconoscere e manifestare l'ingegno superiore di
Tommaso.
Un'altra volta cadde in mano ai condiscepoli, non si
sa come, una pagina di appunti presi da Tommaso alle lezioni di Alberto; e
dovettero con grande stupore ammettere che non si trattava di un semplice,
anche se preciso, riassunto delle lezioni, ma di un profondo ripensamento delle
questioni trattate.
Ma la prova più decisiva venne in occasione di una
pubblica disputa, nella quale Tommaso aveva il compito di espositore e
difensore di una tesi teologica, mentre il maestro stesso, frate Alberto da
Colonia, svolgeva il ruolo di contraddittore.
Le obiezioni incalzavano sempre più serrate e
insidiose e Tommaso calmo e sereno le risolveva lucidamente, mostrando una tale
padronanza della materia da strappare gli applausi del maestro e dei
condiscepoli.
Il giovane italiano rimaneva umile nel suo trionfo.
Stimava talmente il valore della sincerità che, giovane, non si sottrasse
all'invito di alcuni suoi confratelli burloni, che gli dicevano: "Tommaso,
vieni a vedere un bue che vola!". Taciturno, era chiamato dai suoi
condiscepoli “il gran bue muto di Sicilia" (così i confratelli tedeschi,
per i quali tutta l'Italia era Sicilia): ma Alberto Magno, suo maestro, che ben
lo conosceva, rivolto agli allievi, esclamò: «Voi lo chiamate bue muto, ma egli
darà tale muggito nella dottrina che tutto il mondo ne risuonerà ».
Con intuizione sicura e precisa, Alberto svelava la
natura eccezionale dell'allievo, predicendone la grandezza e avviando il
giovane verso la luce della notorietà . Un giorno lo chiamerà «la luce e la
gloria del mondo». A Colonia Tommaso fu ordinato sacerdote e si confermò nella
sua vocazione di discepolo e predicatore della Verità .
Spesso durante la Messa si commuoveva fino alle lacrime. E quando
passava a piedi per i campi, i contadini meravigliati dalla sua imponenza si
voltavano verso di lui. Amante della verità sopra ogni cosa, consacrava tutto
il suo tempo alla riflessione. Cosicché anche durante i pasti egli continuava a
pensare, e i suoi confratelli potevano cambiagli le pietanze nel piatto senza
che egli se ne accorgesse.
Dalla cattedra di Parigi
Nel 1252, Tommaso, ventisettenne, lasciava la Germania , perché il
maestro lo aveva proposto per l'insegnamento della teologia a Parigi, all'
università della Sorbona, che era uno dei primi centri intellettuali
dell'epoca. Il compito affidatogli era grande e difficile, ma egli che non
aveva sollecitato l'onore, si piègò all'ubbidienza, ponendo tutte le forze del
suo ingegno e tutto l'impegno della sua tenace volontà nell'approfondimento
delle verità teologiche.
Dal 1252 al 1256 svolse il suo insegnamento in qualitÃ
di baccelliere biblico, il cui compito era di commentare i Libri Sacri, e, nel
1256, iniziò il corso dottorale. Fin dalla prolusione suscitò entusiasmo per la
chiarezza dell'esposizione, la profondità delle argomentazioni e la larghezza
di visuale.
Proprio in quegli anni si scatenò a Parigi una lotta
accanita da parte dei maestri secolari della Sorbona contro i religiosi
domenicani e francescani che, con l'opera e l'insegnamento, suscitavano sempre
più vasta ammirazione fra gli studenti e la popolazione. Gli avversari
ricorsero anche a libelli ingiuriosi e calunniosi, tendenti prima a ridurre e
poi a togliere ai maestri religiosi la facoltà di insegnare; e riuscirono anche
a brigare presso i prelati della Curia Romana fino a impressionare il Papa
Innocenzo IV che, ingannato dai calunniatori, ritenne opportuno restringere e
quasi sopprimere i privilegi degli Ordini religiosi, che insegnavano alla
Sorbona. Ma il successore Alessandro IV seppe sventare le mene dei calunniatori
e abolì tutte le restrizioni, reintegrando Francescani e Domenicani nei loro
diritti.
Nell'imperversare della tempesta, Tommaso continuò
l'insegnamento con una serenità che gli veniva dalla volontà ferrea e dalla
piena consapevolezza della sublimità della sua missione. E quando gli avversari
tentarono di colpire la libertà d'insegnamento e la stessa libertà religiosa,
egli intervenne a difendere la nobile causa con la sua vasta scienza e il suo
vigore di polemista.
Nell'opuscolo «Contra impugnantes Dei cultum et
religionem» difese l'ideale degli Ordini religiosi e il loro diritto
d'insegnare e di predicare l'eterna Verità .
Gli avversari continuarono a tramare nell'ombra, e
Tommaso scrisse, fra il 1269 e il 1270, altre due opere «De perfectione
vitae spiritualis» e «Contra pestiferam doctrinam retrahentium homines a
religionis ingressu».
San Raimondo da Pennafort e il Maestro generale dei
Domenicani, Umberto de Romans, incaricarono San Tommaso di un manuale chiaro e
preciso di sintesi della filosofia cristiana. Era necessario che i futuri
evangelizzatori acquistassero una buona conoscenza delle lingue dei popoli che
volevano convertire. Ma si richiedeva soprattutto una preparazione filosofica
adeguata, per dare una base razionale alla esposizione della dottrina cristiana
e confutare le obiezioni che venivano mosse contro la fede dai pensatori arabi
e giudaici, che facevano riferimento anche alla filosofia greca, in particolare
al platonismo e all'aristotelismo.
San Tommaso, nel 1251, iniziò, con fervore
missionario, l'opera richiesta, che fu intitolata:«Summa contra gentiles» o
«Liber de veritate fidei christianae contra errores infidelium».
E' una vera apologia delle verità cristiane contro gli
errori di tutti i tempi; piena di rispetto e amore verso gli erranti, ma
ferma e implacabile contro gli errori.
Il decennio trascorso in Italia fu straordinariamente
operoso: insegnamento in varie città (Anagni, Orvieto,Viterbo) al seguito della
Corte Pontificia, in qualità di Capo della scuola teologica della Curia papale;
Ufficio di Predicatore generale dell’Ordine, che lo impegnava a occuparsi degli
studi e delle scuole domenicane; intensa attività del ministero sacerdotale,
particolarmente con la predicazione; e dal 1265 al1267, moderatore degli studi
al convento di Santa Sabina a Roma che lo aveva accolto agli inizi della
vita religiosa. Tornato a Parigi nel 1268, venne coinvolto in una controversia
con il filosofo fiammingo Sigieri di Brabante e altri seguaci del filosofo
arabo Averroè. Tommaso conciliò fede e intelletto e realizzò una sintesi filosofica
(che poi accordò con la Bibbia
e la dottrina cattolica) delle opere e degli insegnamenti di Aristotele e di
altri filosofi antichi; di Agostino e altri padri della Chiesa; di Averroè,
Avicenna e altri studiosi islamici; di pensatori ebrei come Maimonide e Avicebron
e di precedenti filosofi della tradizione scolastica.
Pur così impegnato, egli delineava l’opera che più di
ogni altra avrebbe portato l’impronta del suo genio, la «Summa Teologica»,
composta parte in Italia, fra il 1266 e il 1268, parte nella sua seconda
permanenza a Parigi fra il 1269 e il 1272, e continuata a Napoli tra la fine
del 1272 e il 1273. Scopo del Santo era quello di dare ai giovani studenti
domenicani un manuale di teologia che non si esaurisse nelle aule scolastiche,
ma desse una chiara e sistematica esposizione delle verità rivelate a coloro
che dovevano essere maestri di cultura a tutto il mondo intellettuale. La Summa si sviluppa in tre
parti.
Nella prima tratta i grandi argomenti dell’ esistenza
di Dio.
Nella seconda parte tratta della morale, in cui è
studiato l’uomo che, essendo dotato di intelligenza e di libera volontà , è
padrone e responsabile dei suoi atti e con la suo opera deve rivolgersi a Dio,
Fine Supremo. Analizza la vita emotiva e la psicologia delle passioni da ordinare
e illuminare come forze potenti per la vita morale. Esamina le virtù
intellettuali e teologali. Pone l’etica come cardine di tutte le scienze
sociali e giuridiche.
Nella terza tratta dei problemi cristologici.
Tommaso è il principale esponente della filosofia
scolastica del 1200. Egli cercava di riallineare la filosofia aristotelica al
Cristianesimo. La filosofia scolastica partiva dal presupposto secondo cui
l'intelligenza umana è in grado di raggiungere la verità mediante il metodo
speculativo e assumeva che esistono tre diversi ordini di verità a cui
rivolgere la speculazione.
Il suo sistema filosofico, detto "tomismo",
costituì per secoli il filone principale sia della dottrina teologica sia
dell'insegnamento etico sia della visione del mondo della Chiesa cattolica.
L'opera di Tommaso segna una tappa decisiva nella
storia della filosofia e al suo sistema, detto "tomismo", si rifecero
per secoli il pensiero cattolico e la dottrina teologica. In alcune encicliche
papa Leone XIII e papa Pio XII riconobbero nella filosofia tomista la guida più
sicura per la dottrina e l'istruzione scolastica cattolica, scoraggiando
qualunque allontanamento da essa. In epoca contemporanea, il neotomismo
rappresenta ancora una fra le principali scuole di pensiero; tra i pensatori
che si confrontarono con il pensiero di Tommaso vi furono i filosofi francesi
Jacques Maritain ed Etienne Gilson.
Accanto alla tematica del giusto prezzo di Aristotele
dagli scolastici veniva formulata la teoria del "giusto salario",
ossia quella che mantiene al lavoratore un livello di vita adeguato alla sua
condizione sociale. Secondo gli scolastici il giusto prezzo doveva garantire la
giustizia commutativa, cioè lo scambio uguale, in modo che nessuno, dallo
scambio di merci, potesse ottenere più di quanto dava. Per quanto riguarda la MONETA essa, a differenza
delle merci reali, che possedevano un "valore intrinseco", aveva un
valore convenzionale. Appunto tra gli scolastici predomina una teoria
convenzionalista della moneta: la moneta è un segno ed è stata inventata dagli
uomini per misurare il valore delle merci ed agevolare gli scambi; è un bene
fungibile che si consuma con l'uso. Da qui la condanna all'usura. In Tommaso
D'Aquino troviamo infine il tentativo di giustificare la proprietà privata: Dio
ha creato la terra per tutti gli uomini, nessuno può arrogarsi un diritto che
privi gli altri uomini dell'uso dei beni creati. Nonostante ciò la proprietÃ
privata può essere giustificata come stimolo al lavoro perciò va intesa come
una forma di concessione che la comunità fa all'individuo e va esercitata come
un servizio.
La metafisica di Tommaso è essenzialmente la
metafisica aristotelica tramandata dagli Arabi. La differenza fondamentale è
nell'introduzione del concetto di atto e potenza applicati non solo al mondo
sensibile, ma anche a livello ontologico.
Per San Tommaso l’essenza è potenza dell'esistenza.
Possiamo chiamare l'esistenza atto d'essere, usando il termine di
Tommaso, o semplicemente essere.
L'estasi
Nel 1269 San Tommaso era di nuovo nominato maestro di
teologia dell'Università di Parigi, dove già si era affermato, suscitando
l'entusiasmo degli allievi e il rispetto degli stessi avversari.
Dopo un triennio, fervido di opere e di attività , fu
richiamato in Italia; partecipò a Firenze al Capitolo generale dei Domenicani,
dove fu deciso di aprire un nuovo studio generale dell'Ordine a Napoli, e di
affidare l'insegnamento a San Tommaso.
Passando per Roma, il Santo rivide la pia sorella
Teodora col marito conte Ruggiero di Sanseverino, ch'era stato costituito da re
Carlo d'Angiò suo vicario nell'Urbe; tornò brevemente ai paesi della sua
fanciullezza; provvide a sistemare la tutela del figlioletto della sorella
Adelasia, rimasta vedova del conte di Traetto.
San Tommaso fu a Salerno dove tenne una serie di
lezioni straordinarie nella celebre Scuola Medica che aveva sollecitato
l’onore ed il decoro della parola del Santo.
Rivide Napoli dopo ben ventisette anni e iniziò subito
le sue lezioni nella scuola domenicana, ch'era riconosciuta come FacoltÃ
teologica dell'Università , con regio assenso di re Carlo, che fissò anche lo
stipendio dovuto al grande maestro.
L'Università di Napoli, anche in periodi di acceso laicismo,
ha sempre considerato suo vanto e decoro il magistero universitario del Santo
Dottore, che nel 1852 fu proclamato celeste patrono dell' Ateneo.
Le lezioni del maestro erano seguite da numerosi
alunni e anche da persone insigni tra cui cui l'arcivescovo di Capua e
l'arcivescovo di Salerno, Matteo Della Porta.
Oltre ad attendere all'insegnamento e alla
compilazione di opuscoli apologetici e filosoficoteologici, il Santo si
dedicava al sacro ministero della predicazione. Nel 1273 predicò il Quaresimale
nella chiesa napoletana di San Domenico e, fatto nuovo per quei tempi, invece
del latino, usò la lingua volgare, per poter essere accessibile a tutti.
Intanto attendeva al completamento della terza parte
della Somma Teologica. Egli non era freddo, distaccato ragionatore, ma andava
alla verità con tutta l'anima. Il pensatore e il santo erano due aspetti
indissolubili della sua personalità . Per dedicarsi completamente al servizio
della verità , aveva rifiutato alte cariche ecclesiastiche, quali la nomina ad
abate di Montecassino, consentendogli di conservare il saio domenicano, e la
nomina ad arcivescovo di Napoli. La profonda umiltà e la purità angelica,
eliminando l'orgoglio dello spirito e l'orgoglio della carne, permisero al suo
genio di spaziare nei cieli del sapere, mentre la preghiera e la contemplazione
gli aprirono le sorgenti della Sapienza celeste.
Il 6 dicembre 1273, mentre celebrava nella chiesa di
San Domenico a Napoli, fu rapito in estasi e dovettero scuoterlo, per farlo
tornare alle normali occupazioni, ma da quel giorno non volle più scrivere.
Al confratello fra Reginaldo da Piperno, che gli
faceva continue, dolci insistenze a riprendere la penna, per completare la Somma Teologica ,
Tommaso disse:
«Tutto quello che ho scritto mi sembra un pugno di
paglia a paragone di quello che ho visto e mi è stato rivelato. E' venuta la
fine della mia scrittura, e spero che sia vicina la fine della mia vita».
Chiamato dal Papa Gregorio X a partecipare come
esperto al Concilio di Lione, insieme con altri insigni teologi del tempo
(Sant'Alberto Magno, San Bonaventura da Bagnoregio, Pietro di Tarantasia) fu
colto da improvviso malore lungo il viaggio, e fraternamente ospitato dai
monaci di Fossanova nel Lazio. Erano con lui anche fra' Giacomo da Salerno,
umile fratello laico domenicano, che fu addetto al servizio di San Tommaso, e
fra Reginaldo da Piperno suo confessore. Riferisce il suo biografo
Guglielmo da Tocco, fra Giacomo e fra Reginaldo furono testimoni di un’estasi
che san Tommaso ebbe a Salerno «cum esset in conventu fratrum» e un’altra che
ebbe nel castello di Sanseverino.
Il sole del suo genio e della sua santità dava gli
ultimi bagliori. Commentò in modo stupendo il libro sacro del Cantico dei
cantici e, prima di ricevere il Santo Viatico, in umile e fervida adorazione,
rinnovò la sua professione di fede: «Ricevo Te, prezzo della redenzione
dell'anima mia, per il cui amore ho studiato, vegliato, lavorato. Ho predicato
Te, ho insegnato Te. Non ho detto mai nulla contro di Te».
Queste parole sono il più bel compendio di tutta la
sua mirabile vita e indicano il segreto della sua prodigiosa attività .
Il 7 marzo 1274, chiudeva la sua giornata terrena ed
entrava nella gloria, da lui più volte pregustata nell'estasi orante.
Il Papa Giovanni XXII, trattando la sua causa di
canonizzazione, scrisse: «Non dubitiamo che fra Tommaso d'Aquino sia glorioso
nel cielo, perché la sua vita è stata santissima e la sua dottrina prodigiosa.
Egli solo ha sparso più luce nella Chiesa che tutti gli altri Dottori».
Molte sono le reliquie di questo santo sparse nel
mondo.
Il corpo si venera nella chiesa di St. Sernin. Sepolto
originariamente a Fossanova, fu traslato, nel gennaio del 1369, a Tolosa dove rimase
fino al 1791. In
questa occasione il braccio destro fu dato ai Domenicani di Parigi che, in
seguito, lo portarono a Roma dove, nella chiesa dei Ss. Domenico e Sisto,
veniva esposto ai fedeli l’8 marzo. Un’altra reliquia, sempre proveniente da un
braccio, fu donata da Urbano VIII, il 15 maggio del 1633, alla chiesa della Concezione
a Via Veneto.
La custodia della reliquia della mano destra è
vantata dalla chiesa di San Domenico a Salerno. La contessa Teodora, nel
1288, aveva chiesto all’abate di Fossanova di avere come reliquia la mano
destra del santo fratello. E, come narra Guglielmo da Tocco, l’abate staccò la
mano destra dal corpo del Santo e la consegnò alla contessa che dapprima
la collocò nella cappella del castello di Sanseverino e poi, d’accordo con il
figlio Tommaso (colui che edificò la certosa di Padula), decise di donarla alla
chiesa domenicana di Salerno.
Le sue Opere
Titolo
|
anno
|
note
|
De ente et essentia
|
1255
|
|
De veritate (quaestio disputata)
|
1256/9
|
|
Summa contra Gentiles
|
1258/63
|
|
De potentia (quaestio disputata)
|
1259/68
|
|
Contra errores graecorum
|
1263
|
|
Compendium theologiae
|
12657
|
|
De regimine principum
|
1266
|
sec. Chenu non fu portato a termine da Tommaso
stesso (Introd à l'Etude de S.Thomas, p. 287/8)
|
De anima (quaestio disputata)
|
1266
|
|
Summa theologiae
|
1266/73
|
|
De spiritualibus creaturis
|
1266/9
|
|
De unione Verbi incarnati
|
1269/71
|
|
De malo (quaestio disputata)
|
1269/72
|
|
De unitate intellectus
|
1270
|
|
Contra impugnantes Dei cultum
|
1270
|
in difesa della vita religiosa dei mendicanti
|
De aeternitate mundi
|
1270 (71)
|
|
Astrid Filangieri
Bibliografia:
mons. Alfonso Tisi, San Tommaso d’Aquino e Salerno,
grafica Jannone Salerno, edizione febbraio 1974